Noi siamo identità narrative

 

 

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illustration Gosia Herba

“Noi siamo identità narrative, delle identità narrative aperte, perché attraverso la propria storia, una persona non si limita a far venire alla luce ciò che essa è, ma si crea e si inventa progressivamente. Per questo motivo è importante valorizzare gli avvenimenti e le esperienze che facciamo nella nostra vita, ma anche e soprattutto, l’interpretazione che facciamo della nostra storia gioca un ruolo rilevante. Il modo migliore per interpretare, o meglio ancora per imparare a interpretare la nostra storia di vita è quello di raccontarla. Il racconto di sè agli altri permette di riappropriarsi del passato, rivivere esperienze dimenticate,eventi importanti e di conferire un significato che, in bene o in male, ha segnato la vita della persona. La narrazione è una forma di organizzazione dell’esperienza…”

Paul Ricoeur

Scrivere, o comunque raccontarsi, può essere un’esperienza che favorisce la ricerca di equilibrio. La narrazione, infatti, è un processo cognitivo attraverso il quale strutturiamo  unità di esperienze attribuendogli un ordine e delle relazioni. Lo stesso processo si ripete nel momento in cui ascoltiamo una narrazione. Le persone comprendono la realtà, se la rappresentano e la comunicano attraverso le strutture narrative in quanto sono forme universali che lo permettono. La narrazione, quindi, struttura anche modalità di pensiero su noi stessi ovvero quello che abitualmente chiamiamo coscienza di sé.

Il legame tra narrazione e psicoterapia è forte ed ha radici lontane: la base di una terapia è l’instaurarsi dell’alleanza terapeutica; motore di una possibile rielaborazione delle esperienze, del trauma, della sofferenza, e induttore di un cambiamento è sicuramente la narrazione. Il paziente narra di sé mentre il terapeuta ascolta, ma i ruoli possono invertirsi e il terapeuta può restituire al paziente una versione rielaborata della sua storia e della sua sofferenza.

La narrazione della storia di vita è sicuramente uno dei metodi più utilizzati, sia come occasione di ri-elaborare il sé e produrre una trasformazione (Schafer, 1992), sia perché assicura al paziente la possibilità di essere ascoltato in un contesto “sicuro”, di cui può fidarsi (Mc Leod Johnnel, 1997).

La validità terapeutica del narrare risiederebbe proprio nella possibilità di scrivere e riscrivere la propria storia adeguandola alle esperienze vissute; si fonda quindi sulla continua ridefinizione di un’identità; così come un sistema che si auto-organizza, strutturalmente determinato e volto a mantenere la sua unità.

L’identità, più che una rappresentazione, pare essere una costruzione che richiede individualizzazione e differenziazione dal mondo.

In questo senso, come afferma Demetrio, “la vita si cerca dentro di sé”.

Spesso ci si è indirizzati verso la scrittura quando l’intraducibilità della sofferenza del paziente gli impedisce di narrarla a voce. La scrittura-terapia è considerata come uno strumento aggiuntivo alla terapia, sia in ambito della terapia individuale, sia di coppia o familiare e viene presa in considerazione all’interno di svariati orientamenti psicoterapeutici (http://www.psychondesk.it).

Per quanto riguarda, invece, lottica sistemico relazionale, della quale mi occupo da sempre, il concetto di narrazione entra nell’epistemologia sistemica con i paradigmi costruttivisti che mettono in evidenza come ogni esperienza umana sia costituita dal modo in cui ognuno la narra a se stesso e agli altri.

Nella nostra vita elaboriamo e rielaboriamo storie.

In quest’ottica, ancora una volta, anche la psicoterapia e quindi il cambiamento terapeutico diventano possibilità per il paziente di rinarrare la storia, tessendone insieme al terapeuta la trama narrativa, in uno scambio ed in una reciproca trasformazione, in modo da “aumentare il numero delle scelte possibili” come scriveva von Foerster.

Le famiglie e le coppie, ma anche le persone che intraprendono una terapia individuale, sono spesso bloccate ed irrigidite in una verità e credenza considerata da loro immutabile. Ciò costituisce il loro “modello fondatore”, cioè la rappresentazione interna e spesso non consapevole che si danno delle proprie relazioni e storie. A questa realtà durante il processo terapeutico se ne sostituirà un’altra alternativa ed il Racconto Sistemico aiuta a delineare proprio questa nuova visione, questo nuovo scenario.

Il Racconto Sistemico si rifà alla fiaba tradizionale, ne utilizza struttura, personaggi, ma mentre questa va dall’universale al particolare, il racconto usato in terapia conduce dal particolare del materiale portato dalla famiglia, all’universale umano.
Come scrivono Caillé e Rey, infatti il Racconto Sistemico “trasforma la famiglia attraverso l’uso dei simboli, attribuisce dei ruoli e suggerisce la logica d’una storia che si svolge in altri luoghi ed altri tempi, (…) in un contesto più universale dove gli interessati possono porsi come spettatori“.

In questo senso , anche il terapeuta è responsabile della storia che emerge in terapia, in quanto membro attivo della conversazione.

La terapia diviene quindi un atto creativo attraverso la conversazione di due persone  (o più persone quando parliamo di terapie familiari o di coppia ) che a partire da una storia (quella del paziente) co-costruiscono una nuova storia che apre nuove possibilità.

 

 

 

 

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