Ritrovarsi Padre

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Giampaolo Talani, Padre e figlio

 

 

“Dicono che avresti avuto bisogno di un Padre. Un vero Padre. Che avresti avuto bisogno del suo ordine ben strutturato, ben codificato, così da poterlo fare tuo oppure confutarlo e combatterlo, e combattendolo diventare uomo. Non c’è argomento che mi metta più in difficoltà. Del padre non ho che alcune attitudini. Per esempio, quella, non trascurabile, di mantenerti con il mio lavoro e la mia fatica. Ma so che è sconveniente farlo pesare (anche se altrettanto sconveniente, lo dico a carico tuo, è dimenticarlo). Ma riconosco che di tutte le altre tradizionali attitudini del padre – stabilire regole, rimproverare, punire, disciplinare- non sono un convincente interprete. Le volte che tento di riportare ordine, sottolineare regole, sento di avere il tono incerto dell’improvvisatore, non il tono autorevole di chi è sicuro del proprio ruolo. Sento di sembrare uno che si è ricordato all’improvviso, costretto dall’emergenza, che avrebbe avuto il compito di governare. E non lo ha fatto. E simula, come il più ipocrita o il più inetto dei politici, di avere un programma di governo affastellando alla rinfusa mozziconi di regole, minacce improbabili, ricatti sentimentali, con la voce che oscilla tra il borbottio lugubre all’acuto nevrastenico. Nel corso di questi concitati e per fortuna rari comizi domestici, dubito di almeno la metà delle cose che dico. Già mentre pronuncio sento che appartengono a un armamentario retorico vetusto, rimediato appiccicando i cocci di vecchi codici infranti, spazzati via da rivoluzioni sociali o resti ridicoli dalla loro stessa prosopopea.”

Michele Serra,  “Gli sdraiati”

Le parole di Michele Serra tratte dal successo letterario “Gli sdraiati” descrivono perfettamente la condizione moderna del ruolo paterno. Nelle ultime settimane, grazie al programma tv “Lessico Famigliare” lo Psicoanalista Massimo Recalcati, proprio come  fa Serra nel suo libro,  rimette al centro l’attenzione sulla funzione genitoriale paterna, sui suoi significati di ieri e di oggi e sulle prospettive future.

Questo è un tema centrale per il lavoro degli Psicoterapeuti con approccio sistemico relazionale e proprio dalle riflessioni nate dopo la visione del programma che nasce questo articolo: per approfondire un tema a cuore di molte famiglie e di molti addetti ai lavori.

Rintracciare la figura paterna, in famiglia e in terapia, rappresenta una preziosa possibilità per acquisire una visione incondizionata e priva di pregiudizi, libera da stereotipi culturali e sociali tipici della nostra epoca: questi infatti, impediscono la creazione di un contatto autentico con il padre, che prima di diventare tale, è stato un figlio ed un individuo con una propria storia. Oggi, ci troviamo di fronte ad un paterno caratterizzato da una profonda frammentazione di ruoli e funzioni, che ha attraversato negli anni numerosi cambiamenti in merito: questa “crisi” di ruoli investe non solo l’area dei rapporti familiari, ma anche quella sociale, economica, lavorativa. Per secoli, il padre è stato definito come forte, autoritario, privo di fragilità e di sentimenti profondi, ma anche responsabile e deputato al mantenimento economico della famiglia. Oggi stiamo assistendo ad una trasformazione dei ruoli genitoriali, che rinuncia ai copioni del passato, considerando anche che le richieste e le esigenze dei figli sono completamente mutate. La società attuale, infatti, chiede al padre di essere materno e non più autoritario, capace di viversi le emozioni e di mostrarle, come pure di essere presente nella crescita dei figli e di provvedere al loro accudimento oltre che al loro sostentamento. Un paterno che sia autorevole con i figli, ma non autoritario, capace di dare ordini ma senza ordinare, di mostrare sentimenti e fragilità con i figli, ma non come un amico, e allo stesso tempo di contenerli e guidarli verso la crescita.

In sintesi, nell’ultimo secolo, si è passati da un padre autorità indiscussa, orientato alla trasmissione di norme e valori ma poco disponibile ad interagire con i figli, ad un padre considerato per lo più assente, tant’è che si è parlato di crisi del ruolo paterno e di scomparsa del padre, per arrivare ad un “padre ritrovato”, ovvero ad un padre che riesce a porsi come genitore affettuoso nei confronti dei suoi piccoli.

Un compito questo non facile, come si evince dalle parole di Serra: spesso questi nuovi padri si trovano a dover “combattere” tra le richieste del passato che li vuole padri autorevoli ed autoritari, come sono stati i loro stessi padri e le richieste attuali, quelle appunto di un padre affettuoso che si confonde spesso tra l’essere amico e l’essere genitore del proprio figlio.

Ebbene, alla luce di una simile evoluzione, rintracciare lo specifico paterno nell’esperienza clinica vuol dire esplorare soprattutto le fragilità e le difficoltà di questi uomini per farle diventare una straordinaria possibilità ed accedere ad una dimensione umana più profonda, per sentirla come valore da trasmettere alla generazione successiva.

Ma cosa potrebbero fare questi padri per riconoscersi in una figura genitoriale che tenga conto della propria personalità e non della richiesta sociale? Partendo dal presupposto che gli uomini siano sempre più consapevoli del loro ruolo come padri, e della parte che giocano nello sviluppo psicologico nella crescita dei loro figli, per poter rintracciare la risorsa, è possibile sfidare il paterno a partire proprio dalle “qualità negative”: riconoscere i fallimenti personali, una volta riconosciuti ed elaborati, può diventare una preziosa risorsa sia personale che terapeutica e permettere di nutrire sentimenti di benevolenza ed empatia.

Raccontare la propria storia in terapia permette al padre di riportarlo simbolicamente alla propria storia di figlio, in modo speculare a come si sente padre con i propri figli al momento presente. Esplorare due tappe evolutive in parallelo permette, a sua volta, ai figli, di immaginarsi nei panni del padre e a quest’ultimo di mettersi concretamente nei panni del figlio. Questi salti generazionali permetteranno di esplorare il rapporto col paterno in una dimensione più ampia: nel passato, infatti, possiamo ritrovare storie familiari di crescite mancate o conquistate, di successi e fallimenti esistenziali, di incidenti evolutivi e delle loro conseguenze; l’ieri può spiegare l’oggi e incombere meno sul domani, riattingere al passato vuol dire trovare le forze per ricostruire. In un lavoro con gruppi di uomini, Garfield, afferma che quando questi ultimi parlano dei loro padri scoppiano in lacrime perché non è tanto la mancanza di amore che viene recriminata, quanto più un fortissimo desiderio di contatto. La maggior parte degli uomini crede che il proprio padre li abbia amati e si sia preso cura di loro a modo suo, che insomma ci abbia provato. Di conseguenza, essendo staccati da ogni forma di legame emotivo con i loro padri, gli uomini arrivano oggi nel mondo degli adulti sentendosi inadeguati, confusi su come stabilire una vicinanza emotiva con i loro figli. Ecco perchè i padri odierni, rispetto al passato, cercano di interagire fin da subito con i figli, dimostrandosi disponibili a soddisfare le loro richieste emotive, così che possano sentirsi connessi emotivamente.

Questo fenomeno dei “nuovi papà”, dei “papà ritrovati” rappresenta un valore aggiunto, un’opportunità per entrambi i genitori di vivere ed esprimere parti di sé affettive e intellettive, bisogni di intimità e di indipendenza, che un tempo erano tenuti scissi tra maschi e femmine. I padri di oggi possono trovare nel rapporto con i figli non solo l’esecuzione di un dovere, ma anche l’appagamento profondo di un bisogno di contatto fisico, di tenerezza senza conflitto.

Generare un figlio non è essere un padre, ma accogliere la responsabilità che la nascita di un figlio comporta”

Massimo Recalcati

 

Articolo scritto in collaborazione con la Dott.ssa Valeria Gonzalez

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