Sono tornata a lavoro in maniera graduale la settimana scorsa cercando di garantire a studio le distanze richieste dal decreto per poter evitare contagi.
Distanza e attesa le ho richieste al mio cucciolo per poter tornare ad aiutare chi mi stava aspettando, una prova di grande amore per me e per lui per la quale ci prepariamo ogni giorno, rassicurandoci che tutto andrà bene, che ci si separa per poi rincontrarsi.
Un paradosso invece “mettere distanza” nel mio studio, un posto che ho curato da sempre, cercando di renderlo più accogliente possibile, creando un clima di vicinanza e affetto, per chi ogni giorno viene a visitarlo, con la speranza di sentirsi accolti, ascoltati e compresi.
Stanze che attraversano storie di amori, di dolori e di rinascite, che vedono lacrime e abbracci inseguirsi ora dopo ora.
Attesa, la stanza d’attesa nel mio studio è quella che preferisco dove il prima si prepara per diventare l’ora di terapia: si attende che il proprio spazio abbia inizio, si attende che i pensieri facciano spazio alle emozioni, si attende di poter star presto meglio.
Ma la cura e l’attenzione verso il prossimo passano anche attraverso gesti di consapevolezza ed è per questo che da oggi mi affaccerò anche io a nuove modalità di incontrarsi, quella online: molto diverso dall’incontro nelle pareti del mio studio ma necessario in questo momento così delicato ed incerto.
Dare continuità in questo periodo di incertezza generale credo che sia importante, per noi e per chi chiede aiuto e si affida a noi terapeuti.
Nell’attesa che tutto questo passi, annulliamo le distanze e usufruiamo della rete.
Anche se tramite uno schermo, ci sono, ci siamo. Ce la faremo.