“Non potendo avere il sorriso dell’amore mi accontento della sua smorfia…”
da Adele H., una storia d’amore di Francois Truffaut
Era da qualche tempo che volevo scrivere un articolo sulla “dipendenza affettiva”. Mi capita spesso di riflettere su quanti di noi spesso deleghino l’andamento delle proprie giornate alla felicità dei propri cari. Questo non necessariamente fa di noi dei “dipendenti affettivi” ma ci mette in una condizione tale nella quale spesso deleghiamo la nostra felicità alla responsabilità di un altro: quante volte è capitato che un sorriso di una persona cara ha reso più tollerabile una giornata di lavoro faticosa? A chi non è capitato di aver paura di perdere un rapporto, che sia questo di amore o di amicizia, e fare di tutto per non perderlo, anche correndo il rischio di perdere sè stessi? A me è capitato: qualche volta ho avuto così paura di perdere un rapporto al quale tenevo che mi ci sono persa dentro, qualche volta il buon umore di una persona cara, la sua felicità, diventa un segnale di serenità per me. Ma quando la paura di un abbandono, il bisogno di essere amato ci trasformano in “dipendenti affettivi”? Quando queste paure diventano una vera e propria dipendenza per noi? Quando iniziamo a dipendere dagli altri per essere felici e soprattutto per essere amati.
Quella affettiva è una delle dipendenze meno tangibili: la persona non è dipendente da una droga, dalle sigarette, dall’alcol, da un gioco, ma da una RELAZIONE e come accade al tossicodipendente quando è in astinenza, anche il dipendente affettivo, quando perde la persona amata, è allo sbando, in un’angoscia emotiva che diventa “tortura”. Ovvio che la dipendenza affettiva può assumere varie forme e manifestarsi in diversi tipi di relazione: può trattarsi di una dipendenza parentale, amorosa, amicale o sessuale, una dipendenza nel lavoro o in altri tipi di relazione ancora. Chi vive una dipendenza affettiva vede nell’altro la fonte di ogni benessere e pur di mantenere e non rischiare di perdere l’oggetto amato è disposto a sacrificare qualsiasi bisogno o desiderio personale fino al punto di annullare il proprio sè. In queste condizioni spesso le persone affettivamente dipendenti amano l’altro anche se questo è fonte di frustrazione, rifiuto, umiliazione o sfrutta il sentimento. Il dipendente affettivo persevera in questo rapporto a tutti i costi fino ad arrivare ad assumere un atteggiamento di assoluta dedizione affinchè i bisogni e i desideri dell’altro vengano soddisfatti. Vive costantemente nell’ANSIA e con la paura di perdere la persona amata. Questo quadro è completato da due fondamentali caratteristiche del dipendente affettivo:
- la paura viscerale dell’abbandono
- la mancanza di autostima
La dipendenza affettiva ha inoltre a che fare con il senso di colpa, con la vergogna di sè e con l’esagerato bisogno di approvazione.
IN AMORE il dipendente affettivo è ossessionato dall’altro, dai suoi bisogni, dai suoi desideri, da ciò che lui potrebbe pensare e dal timore che questo possa abbandonarlo, diventa quindi ansioso, sopraffatto dall’angoscia della separazione. Nella relazione amorosa è geloso e controllante, bisognoso di attenzioni e facilmente influenzabile e diventa “devoto” mentre cerca di accontentare e far star bene l’altro con tutti i mezzi che ha disposizione. Spesso è lui a prendersi qualsiasi colpa nella relazione.
IN AMICIZIA il dipendente affettivo può intraprendere relazioni simbiotiche o non alla pari. Ci si prende cura degli amici in tutto e per tutto e lo fa per meritarsi il loro amore poichè crede che non sia degno di amore e di affetto.
IN FAMIGLIA la dipendenza affettiva può intaccare rapporti come quelli tra genitori e figli. Un genitore che diventa dipendente dal proprio figlio può sentirsi completamente disorientato ed estremamente sofferente quando il proprio figlio decide di uscire di casa, spesso questi genitori diventano incapaci di trovare una definizione di se stessi al di fuori del ruolo genitoriale. E, allo stesso modo, anche i figli possono diventare dipendenti dai propri genitori
AL LAVORO il dipendente affettivo fa di tutto per essere accettato e apprezzato dai colleghi e dal capo. Spesso le persone dipendenti manifestano comportamenti ossessivi: dipendono dall’approvazione degli altri, concedono tutto se stesse a lavoro come nelle relazioni interpersonali e mira alla perfezione.
Queste sono situazioni estreme ma le emozioni che sono alla base della dipendenza affettiva possono provarle chiunque di noi, è l’intensità di queste emozioni che cambia. La mancanza di autostima, il credere di non valere abbastanza, il pensare di non meritare l’amore, la paura dell’abbandono hanno radici profonde in chi ha instaurato relazioni dipendenti. Si rischia di perdere sè stessi per far felice l’altro, si rischia non riuscire più a capire di cosa si ha veramente bisogno, dove iniziamo noi e dove inizia l’altro. Il controllo eccessivo sulla relazione per paura di perdere l’altro, inoltre, può scaturire ANSIA, ATTACCHI DI PANICO, ABBASSAMENTO DEL TONO DELL’UMORE, SINTOMI PSICOSOMATICI.
Uscire dalla dipendenza affettiva, o dall’instaurarsi di relazioni per noi stessi disfunzionali, è possibile. Se notiamo che certe situazioni sentimentali, o di relazione in generale, si ripetono come se ci fosse un copione già scritto di cui conosciamo già la sceneggiatura e che ci porta a soffrire sempre per le stesse cose, allora è utile fermarsi a riflettere che non può essere solo un caso. Riprendere il controllo della propria vita, credere di più in se stessi, imparare a volersi bene e a riconoscere i propri bisogni, riconoscere di essere meritevoli di amore sono tappe che possono essere raggiunte attraverso un percorso di aiuto psicologico che serva a comprendere se stessi e a chiarire i confini tra noi e gli altri.
L’amore per sè stessi è la chiave per la serenità.